MI HANNO RIMASTO SOLO – Dal 21 APRILE 2016 al TEATRO della COMETA
Mi hanno rimasto solo – Teatro Sette (Roma)
Scritto da Dino De Bernardis Domenica, 11 Gennaio 2015
Come nella vita ci sono appuntamenti che non vanno mancati, anche in una stagione teatrale ci sono spettacoli che non possono non essere vissuti e goduti. “Mi hanno rimasto solo”, spettacolo scritto, diretto ed interpretato da Michele La Ginestra, in scena al Teatro Sette fino all’11 gennaio, è sicuramente uno di questi.
MI HANNO RIMASTO SOLO
scritto, diretto e interpretato da Michele La Ginestra
e con Alessia Lineri, Irene Morelli, Alessandra Fineo e con il maestro Paolo Tagliapietra
Per chiunque ami il teatro, godere di questo incontro significa vedersi confermare la meravigliosa magia che solo il teatro riesce a creare; per chi non lo ama può essere una ottima occasione per cambiare idea. E i sold out che hanno caratterizzato praticamente tutte le date dello spettacolo, fino a costringere a programmare una data straordinaria, ne sono la più sincera e gratificante testimonianza.
Michele La Ginestra riesce con eleganza e bravura indiscusse a prenderti per mano accompagnandoti in un sogno, il suo, che alla fine magicamente diventa anche il tuo .. il nostro. Il suo non è un “semplice” one-man-show in cui i personaggi interpretati si alternano in scena per donare momenti di esilarante comicità. Il tutto, infatti, viene impreziosito da pregevoli intermezzi musicali interpretati dal vivo da un trio di bravissime e affascinanti cantanti – Alessia Lineri, Irene Morelli e Alessandra Fineo – accompagnate al pianoforte dal maestro Paolo Tagliapietra.
Sin dalla splendida accoglienza in teatro, è facile intuire che si verrà conquistati in una esperienza indimenticabile che vedrà lo spettatore protagonista pur essendo seduto comodamente in platea, in cui il tempo sembra fermarsi per entrare in una dimensione “altra”, appunto quella onirica e spensierata, non tralasciando al contempo momenti di toccante commozione. Questo grazie anche alla suggestiva atmosfera di luci che Francesco Mischitelli magistralmente disegna, riuscendo brillantemente a caratterizzare ogni singolo spazio ed ogni singolo momento colorando il susseguirsi dei vari passaggi emotivi con pennellate morbide e delicate.
Quello interpretato da Michele La Ginestra è un personaggio che si trova inspiegabilmente intrappolato in un teatro da cui non riesce ad uscire, ma sarà proprio la sua smisurata passione a permettergli di trasformare questo inconveniente in una grande occasione per dare forma ai propri sogni. La sua, infatti, è una dolce reclusione perché sarà il teatro stesso a fornirgli l’opportunità di liberarsi, riuscendo, grazie alla sua maestria, a dare corpo ma soprattutto un’anima alle attrezzerie, costumi e copioni che confusamente popolano il palcoscenico.
E allora, come in un volo leggero e senza tempo, partiremo con un tributo ad Ettore Petrolini con l’interpretazione del buffo ed avvinazzato Archimede, per passare alle disavventure della promessa “mai mantenuta” del calcio italiano Menicacci, fino ad addentrarci, in un crescendo entusiasmante, nella carrellata dei personaggi che hanno caratterizzato la nostra infanzia tratti dal mondo delle favole: Pollicino, Pinocchio, Lucignolo, Cappuccetto Rosso, riletti in chiave originale scoprendone i lati nascosti caratterizzati da un esilarante cinismo.
L’interazione goliardica e spassosa con il pubblico, che caratterizza l’intero spettacolo, raggiunge punte di esilarante partecipazione con il personaggio, tratto da “L’Odore” di Giorgio Gaber, affetto da iperosmia olfattiva che vede pregiudicati i suoi rapporti sociali a causa di questa sua eccessiva sensibilità agli olezzi di qualsiasi natura, fino a raggiungere l’apice con il sacerdote tormentato e vittima di sbalzi umorali che lo portano ad affrontare i colloqui con aspiranti giovani sposi, passando dall’elargizione di equilibrati consigli a ciniche prospettive circa esiti poco incoraggianti che la scelta che si accingono a compiere inevitabilmente produrrà.
Ma un posto di riguardo va riservato al commovente e delicato saluto che il nostro “recluso” dona al padre, in cui poesia, sensibilità, tenerezza e al tempo stesso forza si fondono in un magico momento di grande emozione, nella consapevolezza che tra le eredità più preziose che un genitore può lasciare ad un figlio vi è quella di guardare alle vicissitudini della vita con la saggezza che solo la forza di un sorriso può dare donandolo a chi ti sta intorno.
L’interminabile ed affettuoso abbraccio che il pubblico riserva a La Ginestra, obbligandolo più volte alla ribalta, dimostra che l’eredità è stata accolta senza riserve e tra quegli applausi scroscianti sembra magicamente aggiungersi anche un sorriso proveniente da lassù.
“Mi hanno rimasto solo” è uno di quegli spettacoli che non termina quando il sipario è chiuso e le luci si spengono. Senza rendertene conto c’è qualcosa che ti è rimasto dentro attaccato addosso e ti accompagna come quella strana sensazione di non voler vivere di rimpianti negli affetti più cari e che l’unico modo per affrontare la vita è quella di morderla con energia e passione. E mentre questi pensieri si alternano nella tua mente ti accorgi che quel sorriso regalato che aveva disegnato le tue labbra ti è sceso un po’ più giù ed ha accarezzato l’anima. E’ alla fine, forse, nessuno è rimasto solo…
Teatro Sette – via Benevento 23, 00161 Roma
Articolo di: Dino De Bernardis
Roma, con Michele La Ginestra il teatro è magia surreale
Michele La Ginestra è come le feste comandate: arriva, sempre, immancabile. Ma contrariamente a queste, spesso sopportate proprio perché imposte, lui ha il dono di essere gradito, anzi acclamato dal suo pubblico, che lo desidera a tal punto da far registrare un costante tutto esaurito nel Teatro Sette, il suo piccolo regno. E’ quello che accade, dal giorno della prima, per Mi hanno rimasto solo…10 anni dopo, one man show e cavallo di battaglia riproposto appunto a dieci anni dal suo debutto, naturalmente riveduto e corretto. Il sogno dell’attore, quello di poter interpretare ogni sera un ruolo diverso, viene realizzato grazie all’espediente drammaturgico del lavorante che, dopo aver indossato i panni di Ciampa nel Berretto a sonagli di Pirandello, rimane chiuso in teatro per sessant’anni, dimenticato, su un palco in disordine. La sua gioia, il suo desiderio avverato.
Cercare tra gli oggetti di scena sparsi sul palco un vestito, un oggetto, un testo con cui rinascere ogni sera, all’infinito. Magia surreale del teatro, sempre presente nei lavori di La Ginestra. Accompagnato, aldilà di un velatino, da tre raffinate coriste (Alessia Lineri, Irene Morelli, Alessandra Fineo) e al pianoforte dal Maestro Paolo Tagliapietra, Michele imperversa, evidentemente a suo agio, con una carrellata di personaggi esilaranti, ma che sempre nascondono un pizzico di poesia. Dall’alcolizzato Archimede, sbronzo ma saggio, all’ex calciatore Melicacci, “promessa mai mantenuta”, ritratto di divertente malinconia, alla serie di personaggi delle favole, che smonteranno per sempre i nostri punti di vista sognanti sulle loro storie, a suon di risate. Un oggetto, una parrucca, un abito e il personaggio cambia in continuazione, a ritmo incalzante, passando per un Leonardo Da Vinci, a mio parere il più esilarante in assoluto, per arrivare a quel Don Michele, conosciuto dai più per la partecipazione televisiva a Zelig. Michele, quello vero, da grande artigiano del teatro conduce lo spettacolo con la sua proverbiale simpatia e schiettezza, la stessa che si può riscontrare parlandoci fuori dalle scene. Forse proprio questa è la chiave del suo successo. Il pubblico se ne accorge, lo percepisce come uno di loro. E lui gioca col suo pubblico, interagisce tramite i suoi personaggi, ci parla, si lascia interrompere, risponde. Ma quando declama la bellissima poesia dedicata al padre che non c’è più, toccante, l’emozione ammutolisce la platea gremita. Questa è la magia del teatro, questa è la magia di un bravissimo attore che con umiltà ci regala sempre un sorriso e una speranza. Che poi è quella tipica del teatro, di ogni tipo: rinascere, ogni sera, con una lacrima o un sorriso poco importa. Risorgere, sul palco o in platea. E non rimanere mai soli.
Paolo Leone
“Mi hanno rimasto solo” scritto, diretto ed interpretato da Michele La Ginestra.
Un one-man-show divertente e toccante allo stesso tempo, presentato l’8 dicembre al Centro Culturale Elsa Morante, ma in programmazione al Teatro Sette a partire dal 23 dicembre, con repliche fino all’11 gennaio.
MI HANNO RIMASTO SOLO
scritto, diretto e interpretato da Michele La Ginestra
Ci sono spettacoli che meritano di essere visti per una serie di ragioni: per la bravura dell’interprete, per la profondità con cui raccontano un vissuto personale, per l’allegria con cui caricaturizzano espressioni del quotidiano o per la magia di cui sono pervasi. Se poi tutti questi elementi sono combinati insieme nell’ambito della stessa rappresentazione, ne emerge un prodotto unico che, ogni volta, riesce a fare un bellissimo regalo, quello di poter tornare a casa con la testa piena di immagini ed il cuore carico di emozioni da rivivere e, se possibile, da condividere. Fra questi lavori rientra sicuramente “Mi hanno rimasto solo”, il one-man-show che Michele la Ginestra – autore, interprete e regista del testo -, ha proposto al Centro Culturale Elsa Morante lunedì 8 dicembre nell’ambito del Festival “Autori per Roma”, curato da Pierpaolo Palladino.
Lo spettacolo torna ad essere allestito a distanza di dieci anni dalla prima messa in scena, anche se corretto, rivisitato e, in alcuni punti, anche migliorato. Visto il calore con cui è stato accolto dal pubblico romano in occasione dell’anteprima nel giorno dell’Immacolata, ora è pronto per indossare il vestito da sera e debuttare al Teatro Sette dove rimarrà per tre settimane, dal 23 dicembre all’11 gennaio, serata di San Silvestro compresa. Sulle tavole del palco di via Benevento, lo show verrà proposto al meglio, arricchito dalla presenza di tre coriste – Alessia Lineri, Irene Morelli e Alessandra Fineo – e da quella del musicista Paolo Tagliapietra, che si esibirà al pianoforte.
“Mi hanno rimasto solo” dunque, è un lavoro speciale, il cui titolo sgrammaticato fa il verso alla celebre frase pronunciata da Vittorio Gassman nella pellicola “Audace colpo dei soliti ignoti”. Il sipario, anche se solo metaforicamente, si apre davanti ad un palcoscenico privo di allestimenti. Buttati qua e là ci sono alcuni abiti di scena, una valigia, un riflettore spento, due scale, un appendiabiti spoglio, una sedia. Al centro un uomo, un sedicente impiegato del palcoscenico, la cui vita si è fermata, a livello anagrafico, sessanta anni prima quando, trovatosi a vestire i panni di Ciampa de “Il berretto a sonagli”, è rimasto chiuso all’interno della struttura. Questa clausura, in realtà, gli ha permesso di coronare il sogno della sua vita, quello di potersi calare ogni sera in un ruolo diverso, davanti ad un pubblico sempre nuovo. E così, visto che per quest’attore la recitazione è pura magia, il teatro si è fatto suo complice ed ogni sera gli fa apparire l’oggetto di scena adatto ad una nuova interpretazione.
Tutto comincia con l’auto-presentazione del buffo ed avvinazzato Archimede che anticipa l’arrivo della promessa “mai mantenuta” del calcio italiano Menicacci, o Meniconi come vogliono i suoi tifosi. Poi, è la volta della divertente carrellata di personaggi tratti dal mondo delle favole – Pollicino, Pinocchio, Lucignolo, Cappuccetto Rosso -, ciascuno dei quali racconta la storia di cui è protagonista da un proprio punto di vista a dir poco originale, ma pur sempre lecito. Lo stacchetto tratto da “L’Odore” di Giorgio Gaber introduce il tipo affetto da iperosmia olfattiva, costretto ad una vita sociale molto contenuta a causa dell’handicap provocatogli dalla esagerata percezione delle puzze più improbabili, come possono essere quelle delle ragnatele, delle formiche o delle strisce pedonali. Spassoso il sacerdote che si accanisce con i futuri sposi perché, di certo, stanno affrontando il matrimonio con un livello di consapevolezza ben al di sotto del minimo sindacale. Un dono speciale, invece, è la toccante dedica al papà da parte di un figlio che vuole omaggiare il genitore scomparso con poesia e tenerezza, confidando “Il sorriso che ebbe sulle labbra lo feci mio per regalarlo a tutti”.
Saltellando da un personaggio all’altro, passando da un sonetto ad una poesia, Michele La Ginestra riconferma, se mai ce ne fosse bisogno, di essere un eccellente artista capace di far passare messaggi seri e di sostanza in modo gaio, provocando sia la risata schietta che la lacrima di commozione. Dotato di naturale spigliatezza e di verve umoristica, questo ottimo artigiano del teatro riesce ad instaurare un rapporto empatico con il pubblico, che si lascia coinvolgere nel gioco architettato per sorprenderlo e farlo divertire.
Articolo di: Simona Rubeis
Magnetico, profondo, sarcastico e dissacrante. Stiamo parlando di Michele La Ginestra, impegnato fino all’11 gennaio al Teatro Sette di Roma in “Mi hanno rimasto solo”
Uno spettacolo coinvolgente che, nonostante siano passati dieci anni dalla sua prima rappresentazione, continua a far registrare il tutto esaurito. Noi siamo fermamente convinti che la ragione del suo successo sia dettata dalla qualità dello spettacolo ma, soprattutto, dall’uomo Michele, uno dei pochi in grado ancora di parlare al suo pubblico con passione, calore e lucidità senza mai cadere nel volgare o in una comicità bassa, stucchevole e banale. Non strilla, ma parla e a volte sussurra. Non inveisce ma provoca anche sardonicamente. Coinvolge, tenendo aperto un dialogo costante con il pubblico, ma non forza mai la mano. E sa improvvisare. Perché Michele La Ginestra ama il teatro, ne è un profondo conoscitore ed estimatore e ciò gli permette di toccare le corde più profonde degli spettatori in platea.
Spettatori accorsi così numerosi da costringere lo staff ad aggiungere poltrone in extremis per accontentare tutti. “Mi hanno rimasto solo” è un omaggio accorato al teatro, il luogo per eccellenza dove prendono forma e vita sogni, desideri, paure, emozioni, fantasie, personaggi tanto realistici quanto immaginari o immaginifici. Come giustamente osservava Eduardo De Filippo, “nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita” perché “il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita”. “Il mio amico teatro mi regala ogni sera un pubblico eccezionale”. È una dichiarazione forte di affetto e di amore quella recitata all’inizio dello spettacolo da Michele La Ginestra.
E ha una duplice valenza: da una parte segna il legame indissolubile con questo mondo, ricco di odori, sapori, immagini e significati più o meno latenti. Dall’altro rinvigorisce, sottolineandola, l’importanza della componente “pubblico”. Se non ci fosse la gente in platea con le sue risate, il suo scrosciare di mani, i suoi silenzi e anche i suoi fischi, il teatro – quest’arte nobile e nobilitata – sarebbe opera morta. La scenografia è essenziale e funzionale allo scopo, ovvero suggerire allo spettatore la sensazione di trovarsi dietro le quinte: parrucche, manichini, estintori e attrezzi da lavoro sono affastellati sul proscenio, diviso dal fondo della scena da un telo che mostra soltanto in trasparenza il coro. Alessia Lineri, Irene Morelli e Alessandra Fineo, accompagnate al pianoforte da Paolo Tagliapietra, scandiscono il passaggio da un racconto all’altro e da uno sketch all’altro. I brani, riarrangiati e reinterpretati, affondano nel vasto repertorio della canzone romana e italiana. Ennio Morricone, Mina, Renato Rascel ne sono solamente alcuni esempi. Non tutte le interpretazioni, però, ci hanno convinto: alcune, infatti, ci sono apparse artefatte, forzate e dettate troppo dalla necessità di valorizzare i virtuosismi canori del coro.
Da romano doc qual è, Michele La Ginestra non poteva non iniziare lo spettacolo rendendo omaggio a un altro romano, Ettore Petrolini, uno dei più grandi rappresentanti del teatro nazionale. Dopo aver ridato vita a una delle macchiette più riuscite in quanto a verve e spirito “romaneschi”, il direttore artistico del Teatro Sette si diverte a vestire i panni di personaggi strampalati, curiosi, esilaranti nelle loro manie, buffi e caricaturali. Come lo sono, ad esempio, alcuni protagonisti delle fiabe attualizzati o le figure storiche alla stregua di un Leonardo da Vinci piacevolmente canzonato per le sue ossessioni. Ma in questo ricco caleidoscopio trovano spazio anche la poesia, la filastrocca, i momenti di più alta riflessione e la liricità profonda. Certo, non sarà riuscito ad avere a teatro almeno mille abbonati come da sua preghiera, ma se i numeri e la qualità degli spettacoli continuano su questa strada, il direttore artistico del Teatro Sette Michele La Ginestra può dirsi davvero soddisfatto. Avrà vinto una scommessa ancora più grande: riportare in platea un pubblico partecipe, entusiasta e, soprattutto, giovane.
(Federico Maselli)
“Mi hanno rimasto solo” ironia e teatro brillante con Michele la Ginestra
UN ONE- man-show ironico e spensierato sulla vita moderna e il teatro quello proposto stasera da Michele La Ginestra sul palco della manifestazione “Padiglione Ludwig Festival” al Pigneto. Il titolo è tutto un programma: “Mi hanno rimasto solo”, e sono dieci anni che l’attore, autore e regista, lo porta in scena aggiungendo ogni volta sketch ed episodi nuovi sulle contraddizioni della nostra epoca ma anche tanti “momenti brillanti” tutti da ridere.
Lo spettacolo “gioca” con un palcoscenico vuoto dove il protagonista racconta al teatro il suo sogno: poter interpretare ogni sera un personaggio diverso. Il teatro lo ascolta e decide di diventare suo complice, apre il “cassetto dei ricordi” e gli fa trovare sul palco testi, costumi e musiche, per rappresentare ogni volta una storia differente.
Michele La Ginestra non rimane mai da solo, nemmeno al Bianconi
di Maurizia Marcoaldi
CARBOGNANO – Inutile anche questo secondo tentativo di “essere rimasto solo” da parte di Michele La Ginestra (che lo dica per scaramanzia e trovarsi così i teatri sempre pieni?) che è tornato con successo di pubblico e applausi al Teatro Bianconi. “Vengo da quattro anni è l’accoglienza è sempre eccezionale” è quanto ha detto al termine dello spettacolo, durante il consueto (per lui, altri “artisti” preferiscono infilare il cappotto e andarsene) rilassato intrattenimento – spettacolo nello spettacolo – con il pubblico.
E utilizzando la metafora calcistica (per altro ben presentata con il divertente “Mortazza”, il calciatore di serie A con il Bari, poi ceduto alla Ternana) possiamo sicuramente affermare che il pubblico del Bianconi costituisce una, oramai consolidata, spalla ideale per l’artista (se bravo come Michele La Ginestra) che ha il piacere di calcarne il palcoscenico. Spettatori attenti e ben avvezzi ai tempi teatrali, frutto della “coltivazione” di una pianta culturale che di anno in anno – grazie alla caparbietà dello staff del Bianconi (nessuno escluso) – mette maggiori radici ed estende le proprie fronde.
Tornando a “Mi hanno rimasto solo… 10 anni dopo”, si tratta di un one-man-show (leggi monologo) con il quale Michele La Ginestra sta portando in scena una carrellata di personaggi molto diversi tra loro, tutti attraversati da una evidente vena ironica, ma talvolta anche riflessiva.
Si apre con l’omaggio ad Ettore Petrolini, poi il calciatore non proprio all’apice della carriera, per passare attraverso una serie di protagonisti delle fiabe, tra i quali spiccano un Pollicino ed una Cappuccetto Rosso che mostrano un punto di vista un po’ insolito con cui guardare ai racconti canonici. Leonardo da Vinci, i pensieri malinconici di un figlio nei confronti di una figura paterna venuta a mancare e un prete decisamente sovversivo rispetto agli schemi ecclesiastici, ci accompagnano verso il finale. Non manca una buona dose di autoironia nel saluto al pubblico, rispetto al ruolo ricoperto in televisione nello spot pubblicitario che lo ha reso noto ai più. Lo spettacolo conferma (senza che comunque ce ne sia stato il bisogno) la bravura dell’eclettico attore, capace di intrattenere e far divertire, senza pausa, per un’ora e mezza, riempiendo la scena da solo, mettendo tutti d’accordo con l’idea che possa essere considerato molto, ma molto di più del semplice “quello della pasta”, quasi questa fosse una seconda qualifica!
Michele La Ginestra a Teatro con “Mi hanno rimasto solo”
23/11/2014 – Silvia Frisina
Il Teatro Moderno di Latina mette a segno un altro colpo. Un pubblico entusiasta ha accolto ieri sera con numerosi applausi il secondo spettacolo in cartellone per la Stagione di Prosa, “Mi hanno rimasto solo”, one man show di e con Michele La Ginestra, attore noto agli spettatori di via Sisto V, che in questi anni ha senz’altro contribuito alla crescita della qualità delle proposte offerte. La replica andrà in scena oggi, domenica 23 novembre, alle ore 17.30.
“Mi hanno rimasto solo” è un contenitore di situazioni, un caleidoscopio di personaggi irriverenti, divertenti ma anche e soprattutto riflessivi. La Ginestra si lancia in una serie di monologhi che hanno come comune denominatore il fatto di essere espressione della volontà dell’attore. C’è un uomo chiuso in teatro, ha davanti il pubblico perfetto; assapora le tavole del palcoscenico, il velluto del sipario, la polvere delle scenografia. È lì, chiusi in quegli oggetti ci sono i suoi alter ego. Lo spettacolo si apre con un pezzo del 1908 di Ettore Petrolini, un monologo di un’attualità sconcertante. Le note di sottofondo ricordano le atmosfere del Rugantino, degli stornelli romani che riempiono le piazze e i cuori. Dieci minuti e si cambia registro. Michele diventa un calciatore di serie A salito agli onori per un solo gol è destinato a vita alla panchina. Un personaggio che ricorda il Verdone dei primi sketch. Altro stacco musicale ed altro carosello di personaggi, questa volta tratti dalle favole: da Pollicino a Pinocchio, da Lucignolo a Cappuccetto Rosso. il viaggio continua e si assiste alla parodia di Leonardo Da Vinci. Avviene a questo punto una forte cesura che ricorda il Michele La Ginestra di “Secondo me”, delicatissimo spettacolo sull’esistenza e sulla morte portato in palcoscenico con uno straordinario Sergio Fiorentini. È nel dialogo con il padre che, sul letto di morte ricorda al figlio l’importanza del sorriso, che ritroviamo quelle stesse emozioni. Un momento toccante che lascia il posto ad un divertentissimo monologo sul matrimonio fatto da un prete. Filastrocche, rime e poesie chiudono uno spettacolo di circa un’ora e mezza dove La Ginestra non si sottrae al coinvolgimento con il pubblico che dimostra di voler interagire e si sente chiamato in causa ogni volta che l’attore mette in piazza le debolezze umane.
Abbiamo incontrato Michele La Ginestra al termine dello spettacolo e gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Come si è sviluppata l’idea di “Mi hanno rimasto solo”?
“Dovevo fare uno spettacolo con quattro musicisti e avevo scritto alcuni monologhi tra cui quello del prete e del calciatore che avete ascoltato stasera, ma il giorno del debutto mi sono ritrovato da solo perché gli altri hanno avuto una serie di imprevisti. Ho deciso allora di non abbandonare l’idea di uno spettacolo fatto di monologhi e riprendendo nel titolo la celebre frase di Peppe dei Soliti Ignoti, “m’hanno rimasto solo”, è nato questo “gioco” che sul palcoscenico mostra le mille sfaccettature del quotidiano, che fa divertire facilmente”.
Esiste un fil ruoge che lega tutti i tuoi spettacoli?
“Cerco di tener fede, ma non sempre ci riesco, ad un principio, quello per il quale bisognerebbe far ridere senza volgarità, senza parolacce e tra una battuta e l’altra dare al pubblico la possibilità di portare a casa spunti di riflessione. In questo spettacolo c’è un omaggio al matrimonio, alle favole, ho ripreso un pezzo di Petrolini ma anche uno di Califano, cercando di comporre il tutto e di riempire il quadro con diversi elementi, dalla speranza alla sconfitta, dalla serenità alla morte. È un po’ il gioco del teatro, quello che alla fine ti porta anche ad interagire con il pubblico”.
E il pubblico dimostra di apprezzare e forse con il proprio giudizio e le proprie emozioni è l’unico custode della risposta alla domanda che Michele La Ginestra pone nell’ultimo monologo: “Cos’è il teatro? Un albero o un frutto?”.
“Mi hanno rimasto solo” scritto e diretto da un travolgente Michele La Ginestra
Carbognano TEATRO Ironico, simpatico si muove sul palco in una serie di monologhi
“Mi hanno rimasto solo” scritto e diretto da un travolgente Michele La Ginestra in scena al Teatro Bianconi di Carbognano per un tutto esaurito sabato 29 e domenica 30 novembre.
Ironico, simpatico si muove sul palco in una serie di monologhi: spaccati di personaggi molto divertenti,a tratti riflessivi,con le loro debolezze che rivelano la versatilità dell’ attore-autore.
Il pubblico è coinvolto in un vortice di situazioni che iniziano con un omaggio-ricordo al grande Petrolini, in cui tra i tanti personaggi interpretati, appare un uomo ubriaco che definisce l’amore “una malattia, un morbo”, Pollicino dal vistoso pollice verde, Pinocchio personaggio sfigato sempre alle prese con Mangiafuoco ed il Grillo parlante.
Toccante e sicuramente coinvolgente nei panni di un figlio che ricorda l’ultimo momento di vita del padre attraverso quel sorriso che porterà sempre nel cuore.
Vestito da sacerdote in tonaca lunga trascina il pubblico entusiasta in una ironica, ma sicuramente da considerare, riflessione sul matrimonio definito “primo mese miele, il resto fiele”, perché in fondo “se fosse stata una cosa bona, i preti non l’avrebbero evitato”.
Sonetti in rima e filastrocche chiudono lo spettacolo con un ulteriore monologo dedicato al teatro che in fondo, per l’apprezzato La Ginestra, coinvolge tutti in un caledoscopio di situazioni chiamato vita, negli applausi di un pubblico che a fine spettacolo si ferma ancora a complimentarsi con l’attore che conferma il successo della stagione teatrale del Teatro Bianconi.